I E R I e O G G I
Notizie di ieri, che hanno segnato una tappa significativa nella storia della scienza, della tecnologia e dell’ambiente, a confronto con gli sviluppi di oggi
LA CONTROVERSA EREDITA' DI CHERNOBYL / 2

Quasi 30 anni dopo l'incidente nucleare, in questa pagina e nelle successive sono pubblicati documenti e opinioni sulla persistenza della radioattività ambientale causata dal fallout radioattivo e sulle conseguenze sanitarie per la popolazione
IERI
UNO STUDIO DEL 1996 VALUTAVA IN CIRCA 3000 I MORTI PER TUMORE CAUSATI DALLA CONTAMINAZIONE RADIOATTIVA IN ITALIA
di Franco Foresta Martin
Corriere della sera, 21 aprile 1996, pag 33.
Le conseguenze della nube di Chernobyl sulla salute degli italiani non sono state, e non saranno, "irrilevanti", come fu detto e ripetuto all'indomani della catastrofe da tecnici e ricercatori preoccupati di tutelare l'immagine dell'industria elettronucleare nel nostro Paese. Il numero dei morti per i cancri indotti dalla contaminazione radioattiva non è stato, e non sarà , di "appena qualche decina", come fu calcolato sulla base delle prime rilevazioni. Ora c' e' un largo consenso scientifico sul fatto che le vittime italiane di Chernobyl saranno complessivamente circa 3 000 (decessi in parte già' avvenuti e in parte attesi). E, di poco più basso viene stimato il numero di coloro i quali hanno evitato il peggio grazie all' osservanza dei divieti alimentari sui cibi contaminati.
Alcune considerazioni di questo tipo erano state fatte nei giorni scorsi, dai fisici Verdi Gianni Mattioli e Massimo Scalia, nel corso di una conferenza stampa indetta per illustrare le iniziative degli ambientalisti nel decennale dell'incidente. Un'autorevole conferma scientifica verrà il 26 e il 27 prossimo, nel corso di un convegno organizzato a Roma dall' Anpa (Agenzia nazionale per la protezione dell' ambiente), "Chernobyl 1986-96, le conseguenze e gli insegnamenti dell' incidente". La relazione che precisa, dieci anni dopo, l' entità del fall out radioattivo in Italia e le dosi assimilate dagli italiani sarà tenuta dal fisico Eugenio Tabet, dirigente di ricerca presso l' Istituto Superiore di Sanità. A lui ci siamo rivolti per avere, in anteprima, gli elementi principali del suo studio (svolto in collaborazione con Antonella Rogani) e per stabilire una correlazione attendibile fra dosi di radiazione e cancri aggiuntivi attesi.
"I calcoli per arrivare a una stima delle dosi di radiazione assorbite da un individuo sono molto complessi -premette Tabet-. Bisogna tenere conto dei vari radionuclidi che ci sono caduti addosso, sia quelli di breve vita che si sono esauriti in giorni o settimane, come i vari isotopi dello Iodio; sia quelli di lunga vita, come gli isotopi del Cesio, che si ritrovano ancora oggi sul terreno, anche se la loro azione si va esaurendo. Bisogna ancora considerare le dosi di radioattività assunte per ingestione, cioè quelle che sono entrate nella catena alimentare e che abbiamo preso col latte e derivati, carni, verdure, cereali, eccetera. Poi le dosi assunte per inalazione dall'aria contaminata. E infine quelle assorbite per irraggiamento dai terreni in cui si sono depositati i radionuclidi".
Per mettere insieme tutto questo Tabet e collaboratori hanno acquisito migliaia di misure raccolte, nell' arco del decennio, su campioni di aria, di terreno e su varie matrici alimentari. Quindi hanno introdotto nel computo le abitudini alimentari degli italiani (dati Istat) e in una certa misura anche quelle sociali (per esempio quanto tempo si sta fuori casa), distinguendo fra tre categorie di età: lattanti, bambini e adulti. "Un' altra distinzione fondamentale e' stata di carattere geografico -puntualizza Tabet-. Poichè la deposizione in Italia è stata fortemente disomogenea, è stato necessario calcolare i valori medi delle dosi assorbite relativamente alle tre aree Nord, Centro e Sud".
Ed ecco infine i risultati delle dosi individuali assorbite nell' arco di una vita (70 anni). Sono espressi in milliSievert e sono distinti per le tre fasce geografiche e le tre categorie di eta' prima precisate. Nord: 1.8, 1.4 e 1.6. Centro: 0.9, 0.7 e 0.8. Sud: 0.6, 0.5 e 0.6. "Per avere un'idea dell'entità di queste dosi bisogna precisare che, nella media, ogni italiano assorbe ogni anno dal fondo naturale di radiazioni una dose di 2 circa milliSievert . spiega Tabet . Potrebbe sembrare, quindi, che l' aggiunta dovuta alla contaminazione di Chernobyl sia trascurabile. Ma oggi esistono indicazioni che ogni incremento della dose, per quanto piccolo, provoca un aumento dei tumori. E infatti una frazione di questi tumori spontanei e' dovuta alle piccole dosi del fondo naturale di radiazioni. Se poi si considera che la piccola dose viene distribuita agli individui di una numerosa popolazione, ecco che il numero dei cancri letali attesi può diventare significativo". Va ricordato che queste stime sono affette da qualche incertezza".
Tradotta in dose collettiva assorbita dall' intera popolazione italiana l'eredita' di Chernobyl vale circa 60.000 Sievert persona. Applicando a questa cifra la formula per l' incremento di rischio, di recente concordata dalla comunità scientifica internazionale (pubblicazione ICRP, International commission on radiation protection n. 60 del 1990), si ricavano circa 3 000 casi di tumori letali. "Si può obiettare che, rispetto ai milioni di tumori di altra natura attesi nello stesso periodo, questa cifra sia modesta, ma dubito che sia moralmente corretto trascurarla", fa notare il ricercatore dell' Istituto Superiore di Sanità. Con procedure analoghe, si sono potute calcolare le dosi di radiazione "risparmiate" alla popolazione grazie ai divieti del 1986 sul latte e sulle verdure contaminate per effetto dello iodio (che colpisce, soprattutto, le tiroidi dei bambini), e il numero dei tumori alla tiroide così evitato: la cifra si aggira attorno al migliaio. Ci sembra un contributo non trascurabile della radioprotezione alla salute degli italiani.
FRANCO FORESTA MARTIN
OGGI
IL PROFESSOR EUGENIO TABET: I TUMORI PROVOCATI DAL FALLOUT SONO MASCHERATI DALL'INGENTE "RUMORE DI FONDO"
Nell'aprile del 1986 un gravissimo incidente distrusse il reattore n.4 della centrale nucleare di Chernobyl in Ukraina, allora repubblica dell'Unione Sovietica. Le cause di tale incidente, analizzate in ogni dettaglio nei mesi e negli anni successivi sono da attribuire ad una tragica concatenazione di inconcepibili errori degli operatori, amplificati da alcune caratteristiche intrinseche dei reattori di quella filiera (RBMK), quali il coefficiente di vuoto positivo e un comportamento anomalo della risposta del reattore all'inizio dell'inserzione delle barre di controllo nel nocciolo, ed altri aspetti ancora.
Una colossale quantità di materiale radioattivo si sparse in Ucraina, Bielorussia e Russia, propagandosi inoltre in quasi tutti i paesi europei, dove si raggiunsero valori molto seri di contaminazione al suolo e degli alimenti. Assieme alla comunità radioprotezionistica internazionale, l'Istituto Superiore di Sanità svolse una complessa campagna di misure e di calcoli, con l'obiettivo di conoscere il profilo di contaminazione dell'ecosistema italiano in conseguenza del rilascio radioattivo da Chernobyl. I primi risultati furono pubblicati a pochi mesi dall'incidente, poi consolidati ad un anno dall'aprile 1986 e, infine, riesaminati e pubblicati in forma definitiva dopo dieci anni dall'evento.
Le valutazioni descrivono la ripartizione della contaminazione nelle diverse grandi aree geografiche del Paese, nelle diverse matrici ambientali (suolo, aria, alimenti) e pervengono a stime delle dosi che la popolazione italiana ha ricevuto a causa della contaminazione radioattiva dovuta a Chernobyl. I risultati sono in accordo con le stime internazionali relative al Sud dell'Europa.
Il quadro che si ottiene descrive non solo le previsioni dei casi sanitari (tumori) ma anche l'effetto benefico che ebbero le contromisure adottate allora dalle autorità sanitarie italiane per mitigare le conseguenze di Chernobyl.
Non mi pare che vi siano, da allora, fatti nuovi che richiedano significativi cambiamenti di quelle stime. Mentre, come è noto, i tumori dovuti alla contaminazione radioattiva sono mascherati dall'ingente "rumore di fondo" di tutti i casi di varia origine, la possibilità di mettere in evidenza uno specifico danno da Chernobyl, quello dei tumori alla tiroide, è assai incerta. Ciò deriva dalla circostanza che la mappa dei tumori tiroidei precedenti l'incidente non risulta abbastanza accurata per permettere una attribuzione certa dell'origine dei casi riscontrati.
Valgono dunque le stime allora elaborate (piuttosto accurate) della contaminazione degli individui, verificate, ove possibile, con i dati sperimentali della contaminazione interna, e le conseguenti valutazioni di dose e, quindi, di casi sanitari "attesi" nell'arco di qualche decennio.